#EOLICO / Sardegna: come conciliare lo sviluppo “sostenibile” con quello “compatibile”

Dalla protesta alla proposta: incentivare e valorizzare le “Comunità Energetiche”

di Alessandro Baldasserini

“E’ giunto il momento di fare delle scelte “compatibili” e – soprattutto – di chiedere e chiedersi non tanto e non più cosa può fare la Sardegna per il resto d’Italia bensì cosa deve fare l’Italia per la Sardegna. Che, malgrado tutti gli scempi del passato, è e rimane il suo “giardino” dietro casa”

(#FOCUS / La Sardegna e l’assalto alla diligenza)

CAGLIARI – Anche questa mattina si è svolta l’ennesima manifestazione – di fronte al palazzo del Consiglio Regionale – organizzata dalle varie associazioni che si contrappongono a quello che ai più appare – e non senza buone ragioni – come un vero e proprio “assalto alla diligenza”: ovvero, il proliferare incontrollato di richieste per l’autorizzazione a installare nuovi parchi eolici praticamente su tutto il territorio isolano.

Chi ci segue sa già come la pensiamo: rifuggiamo dalla “sindrome NIMBY” (Not in my Back Yard, non nel mio giardino), non siamo per il “No” a prescindere consapevoli che la questione della “transizione ecologica” deve essere affrontata una volta per tutte in maniera organica e armonica smettendola di inseguire le “emergenze” – e, a volte, anche di “crearle” là dove non ci sono… – con l’unico risultato di rinviare la soluzione del problema. Ma altresì consapevoli che al dibattito in corso manchi un pezzo importante: quello, cioè, di come coniugare il tanto sventolato sviluppo “sostenibile” con quello “compatibile”. Compatibile, in questo caso, con il tessuto socio-economico e culturale del territorio. A questo proposito, ci sovviene il più paradigmatico ed esaustivo esempio per comprendere quanto stiamo dicendo: quello di Lula, candidato a ospitare nelle viscere dell’ex miniera di Sos Enattos l’Einstein Telescope, ovvero il più grande e importante progetto tecnico-scientifico europeo degli ultimi 30 anni. Candidatura messa a rischio da un’improvvida autorizzazione a installare 13 pale eoliche nell’area circostante (per fortuna poi annullata). Come si può ben capire, la sostenuta esigenza di ampliare la produzione energetica da fonti rinnovabili “green” andava a scontrarsi con la “compatibilità” di un progetto destinato a creare sviluppo e occupazione, rilancio e valorizzazione, di una zona destinata altrimenti a veder ineluttabilmente girare le pal(l)e… E questo discorso lo si può allargare a tutta la Sardegna.

Per il Ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, l’Isola deve aumentare di altri 6 GigaWatt la sua produzione energetica da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico), anche in previsione dello stop ai combustibili “fossili” annunciato per il 2030: che si tratti di un progetto fondato o mera velleità, staremo a vedere. Il punto è un altro: al momento l’unica cosa “certa” è che manca totalmente un piano organico e omogeneo (“a 360 gradi”, direbbe l’attuale Presidente del Consiglio), una visione d’insieme, che preveda e metta in connessione tutti gli elementi e le problematiche del caso. La riprova? A oggi, sono state presentate circa 2.000 richieste, per i più disparati progetti sia terrestri che marini, per installare – nella sola Sardegna – parchi eolici e fotovoltaici: mettendo tutto insieme, si raggiunge la stratosferica somma di ben 58 GigaWatt. Quando la Francia, con le sue centrali nucleari, ne produce poco meno di 30… Questa non è programmazione, questo è il Far West! Dove, appunto, si assaltavano le diligenze…

Già oggi, la Sardegna produce 2,33 Gigawatt da fonti rinnovabili (in prevalenza eolico e fotovoltaico) grazie a 35.174 impianti esistenti, realizzando peraltro un “surplus” energetico rispetto al proprio fabbisogno pari al 39%. E con quali benefici, di grazia? C’è qualcuno in grado di spiegare il perchè, malgrado tutto ciò, la “bolletta energetica” dell’Isola è la più cara d’Italia? Chi si gioverebbe di questi ulteriori 6 Gigawatt preconizzati da Pichetto Fratin? Vogliamo fare della Sardegna un’isola “ecologica” basata sulla “green economy”? Bene, si parta dalle basi: trasporti, reti di comunicazione (a cominciare da quelle telematiche), bonifica e riconversione delle aree e delle strutture preesisenti, centri di ricerca per l’innovazione tecnologica. E un piano di riordino dove individuare le zone “compatibili” per l’installazione delle nuove infrastrutture: il tutto corredato da cifre, studi analitici, statistiche sulle ricadute economiche per i territori e – soprattutto – finanziamenti ben quantificati. Tenendo ben conto delle varie realtà. Non certo questo improponibile affastellarsi d’inesplicabili progetti che mettono a rischio beni culturali e paesaggistici, aree archeologiche e zone protette e tutto ciò che concerne il turismo, questo sì “sostenibile”, che l’Isola sta faticosamente ma concretamente acquisendo e sviluppando sui mercati internazionali.

Questo anche per evitare operazioni speculative, soprattutto per quanto riguarda quelle inerenti l’esproprio e acquisizione dei terreni interessati: è, per esempio, di questi giorni un’accurata inchiesta de “Il Fatto Quotidiano” riguardante delle aree nel Nuorese (destinate a un parco fotovoltaico in cui figura anche Acea SpA) acquisite per 100.000 euro e poi rivendute a 42 milioni…

Prima di concludere, però, è necessario – dopo aver snocciolato le ragioni della “protesta” – avviare una riflessione anche per quanto riguarda eventuali “proposte”. E lo spunto ce lo dà la vicenda delle “Comunità Energetiche”. Innanzi tutto, cosa sono e come funzionano? La Comunità Energetica consiste in una associazione tra amministrazione pubblica locale, piccole e medie imprese, attività commerciali e privati cittadini che decidono di unire le proprie forze con l’obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale. I benefici economici si traducono in un immediato risparmio in bolletta energetica ma anche nel possibile guadagno legato all’energia prodotta in surplus grazie ai meccanismi degli incentivi previsti dal Gestore Servizi Energetici (GSE), oltre a quello dell’indipendenza energetica del territorio. Questo “modello” si sta sviluppando soprattutto nel Nord Italia ma è presente anche in Sardegna: infatti, nel Medio Campidano, nei Comuni di Villanovaforru e Ussaramanna, sono state create due di queste Comunità, che stanno pian piano portando all’autosufficienza energetica, contribuendo così anche a contrastare l’annosa piaga dello spopolamento. E c’è già chi propone di utilizzare gli incentivi e i fondi del PNRR proprio per sviluppare e ampliare nel resto dell’Isola questa che ormai è una realtà che va per l’appunto nella direzione di uno sviluppo sostenibile e compatibile. Così da contrastare, peraltro, eventuali “appetiti” fini a se stessi. C’è qualcuno, in Regione e negli Assessorati competenti, disposto quanto meno a discuterne? Qui su #GO c’è tutto lo spazio a disposizione.

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