#SARDEGNA / Il “Caso Rosas”: ecco come si distrugge il patrimonio geominerario

A 20 anni dall’istituzione del Parco rimane solo una collezione di macerie: a cui rischia di aggiungersi l’EcoMuseo

di Alessandro Baldasserini>

Con il commento di

Gianfranco Tunis

Venti anni fa, l’istituzione del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna aveva suscitato entusiasmo e speranze di riscatto e rilancio: ma, a distanza di un ventennio, rimane da contemplare solo un lungo e desolante elenco di macerie, come del resto ha sottolineato Il Fatto Quotidiano in un recente e accurato reportage.

La lista è lunga, e i nostri lettori la conoscono – purtroppo – a memoria: Ingurtosu, Monteponi e Arenas, Orbai e Funtana Raminosa, la Laveria Lamarmora… e potrei continuare la litania; e là dove (vedi Montevecchio, Sa’ Marchesa, Villasalto, Su Zurfuru) si sono conservate testimonianze, ecco ergersi “cattedrali nel deserto”. Milioni (a questo punto dovremmo parlare di miliardi) di euro che sono defluiti senza lasciare traccia: un patrimonio inestimabile sperperato tra inettitudine, incompetenza e colpevole indifferenza. Gli ultimi tre anni di gestione del Parco Geominerario (ma sul banco degli imputati si trova in buona compagnia: IGEA, Progetto “Geoparco”, Regione) hanno acuito e certificato il fallimento di quello che poteva – e doveva – essere uno strumento di riqualificazione e valorizzazione, in chiave turistica e occupazionale, del territorio: e certo che una bella mano l’ha data il Ministero ex Ambiente, che ha fatto di tutto per svilirlo e renderlo inoperoso. Al resto, ha contribuito la mediocrità di una classe dirigente miope e velleitaria.

A oggi, il “modello” del Parco è il “Museo Virtuale” dell’Argentiera: virtuale come i risultati fin qui ottenuti, e per i quali il Direttore intasca congrui (questi sì reali) “premi”. Al netto di roboanti e imperscrutabili progetti, gli unici fatti concreti sono stati nell’ordine: 1) l’espulsione dalla Rete Mondiale dei Geoparchi Unesco; 2) il commissariamento del Parco; 3) un disavanzo finanziario (Bilancio 2019), come certificato dalla Corte dei Conti, di oltre 1 milione e mezzo di euro. E mancano all’appello il 2020 e 2021…

Potrei proseguire all’infinito, ma non vorrei urtare la suscettibilità degli azzimati “Giovani per l’Unesco” che, per la modica cifra di 8.000 euro (ultimo contributo elargito del Parco), tessono le lodi magnificandone le “sorti progressive”: ma, chissà perchè, stendono un pietoso velo di silenzio sulla immaginifica “Cattedra universitaria Unesco per lo sviluppo sostenibile” di cui si sono perse le tracce… Tra parentesi: è solo una coincidenza che Porto Flavia ha cominciato a mietere successo e visitatori da quando il Comune ha “buttato fuori” il Parco dalla sua gestione?

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In questo desolante e sconfortante panorama, solo una “luce” squarciava le tenebre: quella che a suo tempo venne definita “uno dei quattro esempi virtuosi in Europa di recupero e riconversione di un sito di archeologia industriale”. L’EcoMuseo Villaggio Minerario di Rosas: unica struttura geomineraria funzionante in tutta l’Isola, splendida “anomalia” (e pertanto “scomoda”) che tutti – solo a parole, sia ben chiaro – indicavano come “modello” da seguire. In realtà, da circa tre anni, si è tentato in tutti i modi di soffocarla, per non dire distruggere: e ora, finalmente, ci stanno riuscendo.

In che modo? Semplice: riducendola a simulacro, svuotandone i contenuti. Già si sono fatte circolare voci circa un presunto debito di quasi 400.000 euro “ereditato” dalla passata gestione, così da giustificare la chiusura dei servizi oppure – in alternativa – affidarla a “privati”: e qui, ai nostri lettori, torneranno alla memoria alcuni articoli scritti in tempi non sospetti. Perchè il “piano” non nasce oggi: e non è tutta farina del sacco dei nuovi amministratori. I quali, insieme al loro “suggeritore”, dovrebbero prima ripassare i concetti basilari di economia e finanza: primo fra tutti la differenza tra “deficit” e “debito”. Ma non c’è da meravigliarsi, quando al Parco – per intorbidire le acque – sproloquiavano di “conto investimenti” e “conto capitale” inciampando sul fatto che si tratta della stessa cosa.

Illustreremo dettagliatamente, in un prossimo servizio, che quella del “debito” è una balla colossale, diffusa ad arte per celare i veri propositi. In questa sede, ci limitiamo ad annotare che nel triennio 2019-2021 (cioè in piena “tempesta” Covid, che ha messo in ginocchio l’intero comparto turistico nazionale) l’Associazione  Miniere di Rosas ha chiuso con uno sbilancio di esercizio pari a 27.000 euro, tra l’altro “virtuali” se i 34.000 euro di “residui passivi” del progetto ex ATI-Ifras verranno successivamente convertiti  in “conto capitale”. Ma il punto focale è un altro: distaccare il museo dalle attività complementari, in seno a una gestione pubblica e “No-Profit“, significa condannarla a morte (soprattutto in questo periodo contingente) e consegnarla al triste e lungo elenco di macerie. Una nuova Orbai. E tutto questo mentre la Regione, e in particolar la biondocrinita Assessore all’Industria (che ha esclusive competenze in materia, e non l’Ambiente), assiste pavida e silente.

Perchè accade tutto ciò? Bella domanda. A noi verrebbe semmai da chiedere a tutti voi se vi siete resi conto se gli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto il Parco, diciamo un paio d’anni a questa parte, siano “estranei” e avulsi da quanto sta accadendo oggi. Come, ad esempio, la deliberata scelta di farsi buttare fuori dall’Unesco Global Geoparks: la famigerata Sardexit. Una domanda a cui cercheremo di dare risposta nella prossima inchiesta. Post Scriptum: colgo l’occasione per fare i migliori auguri (ne avrà bisogno) a Roberto Curreli, che prende il posto di Gianfranco Tunis alla presidenza di Rosas. Già che ci sono, mi si tolga una curiosità: quanta occupazione, flusso turistico e relativo indotto economico ha generato Sa’ Marchesa in questi anni?

Rubrica Tunis

Giù la Maschera!

di Gianfranco Tunis

Si è appreso che nell’ultima seduta di Consiglio Comunale per l’anno 2021, ma anche, da ultimo, con dichiarazioni rese alla stampa, i “nostri” amministratori, forse per alimentare il clima di pregiudizio che hanno contribuito a costruire, hanno dichiarato che la gestione del sito minerario di Rosas ha prodotto una enormità di debiti per screditare così chi ha realizzato e gestito il polo turistico culturale di Rosas, e non solo. Non che ci fosse da aspettarsi complimenti o ringraziamenti, ma almeno che venisse detta la verità, anche perché il Sig. Sindaco aveva avuto conoscenza particolareggiata della situazione economica e finanziaria della Associazione per averla personalmente esaminata e discussa in sede di assemblea tanto da averne approvato i relativi atti allegati. Non voglio credere che ciò sia dovuto ad un iniziale “strabismo di Venere”, per cui si può giustificare la deviazione visiva. Non è normale, infatti, che riesca a vedere soltanto i debiti e non anche i crediti perché, nonostante i tre anni di pandemia si è creato un disavanzo ammontante a soli € 27.000,00 che non costituiscono affatto una preoccupazione. Le associazioni non lucrative, si sa, devono produrre servizi e non solo accumulare proventi. Esse concorrono al raggiungimento di finalità di interesse pubblico, sociale e culturale e, per questo, godono di agevolazioni, sovvenzioni e contributi anche pubblici per ripianare i debiti. Basta impegnarsi un poco! Perché far finta di scandalizzarsi? Per agevolare la “longa manus privata”? Forse le bugie vi servono per mantenere alto il “rancore” di chi ama screditare le persone che si impegnano a dare risposte concrete ai bisogni veri del nostro territorio. Noi riteniamo che si voglia fare del “rumore” per nascondere il reale pensiero che vi frulla in testa sul destino di Rosas. Sconcerta che ci siano “amministratori” che riescono ad assumere certi atteggiamenti per far sembrare come vuole ciò che si vuol far credere. Noi però vogliamo che la maschera che avete indosso cada al più presto perché non vogliamo vedervi nascosti. Vogliamo scoprire chi siete veramente e quale motivazione potete avere dentro per “spruzzare” tanto veleno. Certo, non avete impiegato molto tempo a tenere la maschera sul viso anche perché nessuno può portare una faccia per sé e un’altra per la moltitudine senza confonderle e non sapere più quale delle due sia la vera. Nella vita potrebbe anche capitare di ricorrere all’uso di maschere, ma anche quelle cadono rivelando le persone che vi si nascondono, e così sarà anche per voi! È solo questione di tempo! Con il tempo tutto si scopre: le bugie più nascoste, le persone più false. E i primi ad essere delusi saranno proprio quelli che ne erano i propugnatori. Anche loro riconosceranno chi era soltanto assetato di vendette e di cattiverie, e riconosceranno anche le ambivalenze di quel “signorotto di paese” che riesce a sovrastare su tutta la amministrazione con la ambiguità dei suoi ragionamenti. Forse non vi rendete conto che le vostre bugie hanno ripercussioni psicologiche che ledono soprattutto la dignità dei lavoratori di Rosas che attendono di vedere spese le risorse che la Regione ha dato al Comune quale contributo in conto pandemia da COVID 19. Anziché invocare pretesti o bugie, avreste dovuto con più serietà e ragionevolezza, in attesa della disponibilità delle risorse concesse dalla Regione, dare al personale delle anticipazioni e degli acconti che li aiutino a superare le difficoltà più immediate. Invece nulla di tutto ciò. Non è più accettabile la strategia di logoramento studiata per attribuire colpe a chi non ne ha e per poter così distrarre, con bugie indecorose, l’attenzione dai veri problemi. La tecnica della “distrazione” di massa che volete attuare è un’arma ormai vecchia e superata perfino nei palinsesti televisivi. Siamo infatti alla negazione della verità con notizie inventate solo per dare vita ad articoli di stampa dagli esiti dubbi. Purtroppo, la serietà in piazza Marconi non è più di casa…

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