#GEOSITI / Valorizzazione: vademecum per l’uso

Ecco alcuni esempi concreti e virtuosi da cui prendere spunto

di ALESSANDRO BALDASSERINI

VALORIZZAZIONE (s. f.) – Conferimento d’importanza o valore. Operazione tendente a rendere fruttifero un bene.

“Really, we were here to see your progress and not to listen your chatter”*

(*Marie Louise Frey e Cathrien Posthumus, Commissarie Unesco durante l’ispezione al Parco Geominerario della Sardegna – Luglio 2019)

Ripensando al florilegio di convegni su come valorizzare i geositi minerari dismessi (negli ultimi mesi ne rammento tre: a Iglesias, Carbonia e Cagliari, e domani si replica) ho ritenuto opportuno anche se non richiesto – dato che su #GO pende una sorta di “conventio ad excludendum”, ma si sa nemo propheta in Patria – di offrire il mio piccolo contributo alla discussione: diciamo una sorta di “vademecum” con le istruzioni per l’uso.

Quindi, partiamo dalle “basi”. La prima, essenziale e dirimente: quella economica. E qui porto l’esempio, non unico ma certo il più importante: quando fu istituito, nel 2012, il Parco Museo del Pas de Calais – giustamente considerato il “Louvre” dell’archeologia industriale, che vanta una media di oltre un milione di visitatori l’anno – il governo francese mise sul tavolo per la sua realizzazione ben 120 milioni di euro. Questo per dire che ragionò nell’ottica dell’investimento e non del “costo”, come purtroppo accade spesso e volentieri in Italia. Tornerò sulla questione dei finanziamenti, ma ora preme fare l’esempio opposto per meglio comprendere cosa intendo dire. E’ di questi giorni la notizia che il Parco Geominerario della Sardegna ha stanziato 250.000 euro (spalmati su due anni, fino al 2026) per le celebrazioni del “Centenario” di Porto Flavia che cade quest’anno. Un’operazione benemerita, che ha il plauso di #GO: e che segna, soprattutto, il ritorno alla “normalità” nei rapporti tra Comune di Iglesias e il Parco, dopo le polemiche e gli “sgarbi” reciproci degli anni passati. Però… Però essa stride con il contesto della situazione: è una brillante “operazione d’immagine”, un gustoso piatto di “contorno” ma fine a se stesso se manca la portata principale, la “ciccia” come direbbero alla Garbatella: e cioè le opere infrastrutturali. Senza esse, e soprattutto senza una “rete” che le metta in connessione e le coordini, si corre il rischio di realizzare soltanto delle “cattedrali nel deserto” come, ahimè, già avvenuto. Occorre, in sintesi, uscire dalla “comfort-zone” dove ognuno coltiva il proprio “orticello”, più o meno grande. Sia chiaro: questa non è una critica ma una semplice constatazione. Postilla n° 1: so per certo che il Direttore del Parco è, da questo punto di vista, impegnato su alcuni e importanti progetti: dal recupero di Villa Pertusola alla Laveria Lamarmora, dal Villaggio Normann a Sos Enattos e (almeno spero) alla riapertura e rilancio di Rosas. Ma hic et nunc urge, e ancora latita, l’indirizzo “politico” senza il quale essi rimangono sulla “carta” (straccia), dando la precedenza alle “passerelle”.

E veniamo alla seconda questione di “base”: ben vengano i convegni e i workshop ma, almeno per una volta, sarebbe auspicabile non ascoltare il riassunto delle puntate precedenti bensì di studi, ricerche, analisi e sentir snocciolare dati e statistiche. Mentre all’estero vi è un’ampia documentazione sulle presenze, sull’indotto e l’occupazione creata, sulle ricadute socio-economiche nel territorio, così da avere il polso della situazione costantemente aggiornata, in Italia siamo fermi al Rapporto ISPRA sullo “Stato dell’arte” delle aree minerarie dismesse che è datato 2009. Eppure siamo infarciti di “comitati tecnico-scientifici”… Che hanno prodotto il nulla o poco più. Senza questi dati non è possibile neppure ipotizzare un “target” su cui puntare e su cui canalizzare le risorse, e tanto meno realizzare un progetto ad hoc. Speriamo di sentirlo domani…

Tutto questo per dire che, comunque, ci sono esempi “virtuosi” da cui trarre ispirazione. Il primo fra tutti il Parco Nazionale delle Colline Metallifere – Tuscan Mining Unesco Global Geopark (che, curiosamente, al convegno di Carbonia non sarà presente, non so se invitato o meno…). Le “Porte del Parco” sono un modello vincente di presidio, monitoraggio e coordinamento del territorio: basterebbe copiarlo, adattandolo alle proprie esigenze. Inoltre, l’essersi dotato di un proprio tour-operator – che realizza e propone nelle varie Fiere del Turismo specifici “pacchetti” – consente di programmare i flussi, evitando così il fenomeno dell’over tourism e dando concretezza al concetto di “turismo sostenibile”. Postilla n° 2: a proposito di esempi “virtuosi”, mi limito a ricordare che l’Università della Catalogna definì l’EcoMuseo Villaggio Minerario di Rosas “uno dei 4 esempi virtuosi in Europa di recupero e riconversione in chiave turistica-culturale di un sito d’archeologia industriale”. A buon intenditor poche parole… Giusto per evitare che la Sardegna (dopo Orbai, Arenas eccetera eccetera) passi alla storia per aver inventato l’archeologia dell’archeologia industriale.

Tornando alla questione dei finanziamenti (che sarà oggetto di un prossimo articolo), bene fanno la neo Presidente delle Colline Metallifere e quello delle Marche/Romagna a porre l’accento sulla ineludibile riforma dei Parchi Geominerari nazionali. Ma temo che la loro idea d’inserirli nella Legge quadro 394/91 sia una pia illusione (e spiegherò in altra sede il perchè). Semmai, prendendo spunto dalla Sardegna, sarebbe opportuno “assimilarli” tutti – dandogli ovviamente “corpo” e concretezza – agli Enti di Ricerca e Universitari. E in questo la Re.M.I. potrebbe fare la sua parte. Ciò, peraltro, potrebbe consentire l’assegnazione delle competenze sulle bonifiche minerarie (essendo Consorzi in cui rientrano Regioni e Comuni): per esempio, in Sardegna, il Parco potrebbe essere la “cabina di regia” per quanto riguarda la gestione dei 367 milioni del Just Transition Fund, tuttora fermi e inutilizzati. E, in più, darebbe la possibilità di dare vita a progetti di coprogrammazione e cogestione con le Associazioni del 3° settore operanti sul territorio, che potrebbero diventarne le “sentinelle”, come peraltro previsto dalla Legge ribadita da una sentenza della Corte Costituzionale (vedi CONTENUTO EXTRA).

Ecco: è questo che vorrei tanto sentire domani a Carbonia. Sempre se mi lasceranno entrare (Pignatelli docet)

Postilla n° 3: nei corridoi del “Palazzo” cagliaritano si sussurra che “l’operazione Porto Flavia” sia stata promossa dal “vertice” del Parco Geominerario per accattivarsi la “captatio benevolentiae” del nuovo corso di centrosinistra in Regione, in vista della riconferma della Commissaria e/o in previsione della nomina del nuovo Presidente. La riportiamo, con estremo beneficio d’inventario, a solo titolo di “indiscrezione”. Ma sono  personalmente convinto che si tratti di una “fake news”.

contenuto extra

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